LE TERRE DEL FIUME
Il Po, protagonista assoluto della formazione della Pianura Padana, trasportando per millenni terra e sabbia ha costruito il territorio ferrarese. Nella parte terminale del suo corso, prende vita il Parco del Delta del Po. La storia delle genti del Delta, da sempre legata alle vicende del fiume, è stata fortemente infl uenzata dai cambiamenti del suo corso, il quale creando nuovi alvei ha generato nuove possibilità di insediamento lungo le sue rive, e quindi di vita economica e sociale, lasciando tracce delle passate civiltà: il Po come risorsa per l’approvvigionamento dell’acqua, per la pesca, per l’irrigazione e come via di comunicazione. Ma non sempre il Po è stato generoso: le popolazioni hanno seguito con angoscia i periodi delle piene e quelli di magra, adeguandosi al suo volere, fatto di eccessi, tra alluvioni e siccità.
Le attenzioni riservate in passato al fi ume e le precauzioni adottate oggi concedono ai centri abitati una vita più serena e sicura; il Po ed il suo Delta ora generano altre ricchezze oltre che conservare un paesaggio affascinante fatto di bellezze naturali e di sapiente gestione del territorio. Anche per queste ragioni il Delta del Po è entrato a far parte del sito “Ferrara, Città del Rinascimento e il suo Delta del Po” come Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO. Ambiente dinamico, in continua evoluzione, dove la natura è libera di regalare nuove terre emerse o di riprendersi parti di esse, la foce del grande fi ume è l’habitat ideale per molte specie di uccelli acquatici dove l'uomo è un ospite osservatore.
I BOSCHI DELLA MESOLA
Nel territorio di Mesola sopravvivono alcuni lembi di bosco residui delle antiche foreste litoranee che nel Medioevo si estendevano fino alla foce del Tagliamento. Fra queste, la Riserva Naturale Gran Bosco della Mesola, la più vasta area boscata del ferrarese, è conosciuta soprattutto per la presenza del Cervo della Mesola o Cervo delle Dune, unico discendente del Cervo Nobile che popolava originariamente la Pianura Padana. Il Bosco, che si sviluppa su un sistema di antichi cordoni dunosi, presenta una vegetazione tipica della macchia mediterranea in cui predomina il leccio.
Nell'area aperta al pubblico sono fruibili tre percorsi di diversa lunghezza facilmente individuabili grazie alla segnaletica presente. L’ultima testimonianza della grande foresta legata alla Tenuta Estense è rappresentata dal Boschetto di Santa Giustina, dove l’assenza di ungulati permette il rinnovo di un fitto sottobosco, rifugio di numerosi uccelli. Una rete di sentieri permette di attraversarlo in tutto il suo sviluppo, dall'argine del Po di Goro fino alla cinquecentesca Torre dell'Abate. La cittadina di Mesola, incorniciata dalle sue pinete e dal corso del fiume, è ciò che resta dell'ambizioso progetto urbanistico che la Casa d'Este pianifi cò per contrastare la potenza militare e commerciale di Venezia sull'Adriatico. Il Castello Estense, struttura a metà tra una fortezza e una dimora di lusso, oggi ospita attività congressuali ed espositive tra cui il Museo del Bosco e del Cervo della Mesola che illustra l’evoluzione del territorio mesolano attraverso i suoi protagonisti. Come le pinete sparse nel territorio anche le Dune fossili di Massenzatica, situate nell’entroterra, costituiscono una preziosa documentazione della storia evolutiva del delta padano risalente al X secolo a.C.
IL PO DI GORO E LA SUA FOCE
Percorrendo le golene che costeggiano il corso del Po nel territorio di Berra, nel luogo denominato Porta del Delta, si osserva la prima biforcazione del fiume. Passeggiando sull’argine o meglio ancora navigando su una piccola imbarcazione, si può ammirare un habitat ben salvaguardato caratterizzato da ristagni d’acqua e bacini allagati scavati tempo fa per l’estrazione dell’argilla, ricco di flora e di fauna.
Seguendo il Po di Goro, un ramo ad elevato pregio naturalistico, si incontrano alcune anse fluviali formatesi a seguito dell’abbandono del letto da parte del fiume. Di notevole interesse per i birdwatchers è, verso la foce, la Valle Dindona che, nella fascia di terra emersa, presenta un interessante bosco ripariale tipico delle aree regolarmente inondate. In primavera, infatti, sui salici bianchi si possono avvistare numerosi aironi e cormorani mentre gli ampi canneti diventano l’habitat ideale per diverse specie
di anatidi. Nei pressi di Gorino sopravvive uno degli ultimi ponti di barche che collega la sponda emiliana a quella veneta, un impalcato di legno che poggia su chiatte in cemento. Vasti canneti a perdita d’occhio preludono allo sbocco a mare dove la foce è contrassegnata dal Faro di Goro, costruito nel 1950, raggiungibile esclusivamente in barca. Lo Scannone di Goro, un’isola di sabbia, su cui si erge il faro è chiamato anche Isola dell’Amore, un tempo rifugio dei fidanzati che qui si incontravano lontano da occhi indiscreti.
LA SACCA DI GORO
La Sacca di Goro è una delle maggiori lagune salmastre dell’Alto Adriatico; a separarla parzialmente dal mare è lo Scannone di Goro, una lingua di sabbia di recente formazione, su cui si trova il caratteristico Faro. La presenza di acqua dolce e salata, la scarsa profondità dei fondali ed altre peculiarità ecologiche permettono l’insediamento di importanti comunità vegetali. Vasti canneti e praterie di salicornia, limonio, giunchi palustri, ammofi la e puccinellia diventano habitat per numerose specie di uccelli come piovanelli, beccacce di mare, spioncelli, svassi, aironi, sterne e gli immancabili gabbiani. Da sempre, grazie alla conformazione costiera dell’Alto Adriatico, è stato possibile sfruttare le lagune per l’itticoltura ma, in seguito alle grandi opere di bonifica degli ultimi 150 anni, il territorio è cambiato radicalmente; oggi la Sacca di Goro costituisce un’importante testimonianza degli ambienti deltizi che un tempo regnavano incontrastati.
Attualmente le Valli di Gorino e parte della Valle Goara rappresentano gli unici bacini ancora utilizzati per la tradizionale pesca di anguille, gamberi e passere, mentre la maggior parte dell’estensione viene sfruttata per gli allevamenti di vongole che, dalla metà degli anni Ottanta, rappresentano la più signifi cativa espressione dell'economia locale. Goro, un tempo piccolo insediamento di casoni di canna situati sull’argine destro del Po, oggi è un caratteristico borgo peschereccio dotato di un moderno porto che vanta anche un interessante sviluppo turistico. Tra le numerose proposte di navigazione, che conducono il visitatore alla scoperta di questo ambiente di transizione fra terraferma e mare, si possono scorgere la Lanterna Vecchia, che anticamente illuminava la via ai marinai, e il Faro di Goro.
IL PO DI VOLANO E LA SUA FOCE
La storia e le tradizioni delle terre solcate dai fi umi sono legate da millenni alla navigazione, alle attività quotidiane e commerciali che avvenivano lungo le rive. L’argine del Po di Volano era tradizionalmente percorso da animali da soma per il trasporto di merci, da cui deriva il nome Argine Tiraglio; l’attuale argine sinistro che collega Migliarino a Migliaro ne ripercorre l’antico tracciato: oggi è una piacevole pista ciclopedonale alternata a scorci di paesaggi agrari e dimore signorili. A Massa Fiscaglia, l’antica Torre Tieni segnalava il passaggio di merci già al tempo degli Estensi. Codigoro accoglie invece il corso del fiume nel cuore del suo centro abitato, sul quale si specchia il Palazzo del Vescovo.
In direzione del mare, il Po di Volano fi ancheggia il complesso monastico dell’Abbazia di Pomposa, centro di spiritualità tra i più importanti di epoca medievale. Del vasto insieme di lagune che il fi ume formava scendendo al mare, l’ultimo relitto è rappresentato dalle Valli Canneviè-Porticino, oasi naturalistica protetta. L’imponente Torre della Finanza, situata presso il centro abitato di Volano, segnala la prossimità della foce, il Taglio della Falce. La cannuccia di palude e il giunco costituiscono l'elemento dominante in questo paesaggio lagunare dove si succedono, in rapida sequenza, ambienti molto diversi tra loro: il ramo del Po di Volano, la Pineta di Volano, le paludi alternate a dune sabbiose e la spiaggia. La Palude della Peschiera, comunicante con la Sacca di Goro e la Riserva Naturale Gran Bosco della Mesola accrescono il valore paesaggistico della zona.
LA BONIFICA E LA CAMPAGNA
La secolare lotta tra uomo e ambiente è documentata dalle grandi opere di ingegneria idraulica costruite per strappare le terre al mare. Numerosi manufatti storici testimoniano questi interventi: la Chiavica dell’Agrifoglio, edificata alla fine del Seicento per scaricare le acque basse del territorio dell’Abbazia di Pomposa, o Torre dell'Abate, edificata per lo scolo delle acque alte del mesolano, entrambe funzionanti con il sistema delle porte vinciane. Con l’avvento della macchina a vapore l’opera di bonifica ebbe un grande impulso: a partire dalla fine dell’Ottocento, con la costruzione degli stabilimenti idrovori di Codigoro, ancora oggi attivi, si prosciugarono migliaia di ettari di terreni salmastri. Recentemente inaugurato, l’Ecomuseo della Bonifica di Lagosanto, ricavato in un impianto idrovoro dismesso, costituisce un importante esempio di archeologia industriale: al suo interno, la Casa della memoria testimonia oltre alla bonifica meccanica, lo sforzo di centinaia di “scariolanti”, che lavorarono duramente la terra.
Tutto il territorio ferrarese, dunque, un tempo caratterizzato da valli e paludi si presenta oggi in gran parte agricolo. L’azione dell’uomo ha rimodellato quanto i fiumi avevano creato nel corso dei secoli affi ancando, alle aree naturali, il paesaggio delle zone bonificate, contraddistinto da canali collettori e impianti idraulici che scandiscono l’andamento regolare dei poderi. Queste terre pianeggianti sono tendenzialmente argillose e adatte in modo particolare alla coltivazione di cereali e foraggi. Nel secolo scorso era diffusa la barbabietola da zucchero, ma è il riso oggi a farla da padrone, soprattutto nella zona di Jolanda di Savoia, dove la grande disponibilità d’acqua, attraverso una fitta rete di canali, e il terreno torboso rendono l’area particolarmente vocata a questa coltivazione.